• Il Biofeedback per l'Ipertensione


     

     

    Il Biofeedback è un metodo d'intervento psicofisiologico, non-farmacologico e privo di effetti collaterali, dimostratosi efficace sia nel trattamento della "preipertensione" (oggi rientrante nella categoria di pressione "normale-alta") (Lin et al. 2012) che dell'ipertensione vera e propria.

    Numerosi studi condotti negli ultimi decenni (Brook et al. 2013; Oneda et al. 2010; Yucha et al 2001; Yucha e Gilbert 2004; Nakao et al. 2003; Nakao et al., 1997; Del Pozo et al. 2004; Herbs et al. 1993; McCraty et al. 2003; Elliot et al. 2004; Joseph et al. 2005) hanno dimostrato che il Biofeedback è efficace nel trattamento dell'ipertensione che, negli individui predisposti, è spesso causata o aggravata dai seguenti fattori:

     

    • stress eccessivamente protratto (cronico, anche legato a situazioni positive/piacevoli)
    • personalità ansiosa
    • stile cognitivo iper-attivo e/o iper-reattivo
    • personalità irascibile
    • personalità ossessiva e/o compulsiva

     

    Tutti questi fattori hanno un elemento in comune nel determinare l'ipertensione o il suo aggravamento: sono conseguenza o espressione di un'iperattivazione e iper-reattività del Sistema Nervoso Simpatico (e delle strutture del sistema nervoso centrale ad esso connesse), quella parte del Sistema Nervoso Autonomo (SNA) la cui attivazione consente al nostro corpo di affrontare stressor (stimoli stressanti) di varia natura come ad esempio situazioni pericolose o ansiogene, attività impegnative (fisiche o cognitive), ricordi o pensieri attivanti ecc., determinando uno stato d'attivazione psicofisiologica generalizzata (spesso inconsapevole) che comporta anche una più frequente vasocostrizione/vasodilatazione dei vasi sanguigni che nel tempo portano ad un progressivo aumento della pressione sanguigna di base, sino all'ipertensione.

    La presenza costante dei fattori su citati (stress, ansia, iperattività, ecc.), determina nei soggetti predisposti un eccesso di continui o frequenti innalzamenti della pressione sanguigna che, con l'andare del tempo, producono alterazioni funzionali dei barocettori che cominciano ad interpretare il livello di pressione normale come "pressione bassa"comandando erroneamente alla muscolatura liscia dei vasi sanguigni di contrarsi di più per compensare una inesistente bassa pressione, determinando in tal modo l'innalzamento anomalo della pressione sanguigna.

    I pazienti sottoposti al trattamento di biofeedback hanno mostrato una riduzione significativa della pressione sanguigna con conseguente riduzione o sospensione dell'assunzione dei farmaci antipertensivi.

    Secondo l'American Heart Association il Biofeedback deve essere considerato nella pratica clinica come strumento non-farmacologico efficace nel trattamento dell'ipertensione (Brook et al. 2013) anche in virtù della totale assenza di effetti collaterali.


    Le Cause dell'Ipertensione


     L'ipertensione è una condizione patologica che può essere causata e/o aggravata da uno o più dei fattori sotto elencati:

     

     Il biofeedback è in grado di agire su tutti questi fattori ad eccezione dei fattori genetici.

     

         

    Ipertensione e Biofeedback: meccanismi


    Come appena illustrato diversi fattori  ambientalicomportamentali e psicologici si sommano per dar vita, negli individui geneticamente predisposti, alla condizione dell'ipertensione, spesso espressione di una vera e propria somatizzazione mediata dall'interazione tra  il Sistema Nervoso Centrale e Periferico e il Sistema Cardiovascolare, strettamente connessi tra loro.

    Tale somatizzazione è espressione di uno squilibrio nel funzionamento dei due sottosistemi del sistema nervoso autonomo, il Sistema Simpatico e il Sistema Parasimpatico, la cui attività è a sua volta modulata da varie strutture superiori del Sistema Nervoso Centrale che costituiscono il substrato biologico delle nostre attività mentali superiori, come il ragionamento, il pensiero, la creatività e le emozioni, tutte funzioni in grado di influenzare fortemente l'attività del sistema cardiovascolare. 

    A svolgere un ruolo primario nell'ipertensione è infatti uno squilibrio nell'attivazione del sistema nervoso autonomo (Mancia et al. 1997; Brook and Julius, 2000; Mahtani et al. 2012), ciò che costituisce un effetto tipico delle condizioni di iper-attivazione psicofisiologica riscontrabile negli individui iper-attivi, sottoposti a condizioni di stress prolungato (cronico) o con un tratto di personalità ansioso o irascibile. 

    Più precisamente l'iper-attivazione del sistema nervoso simpatico (e la contemporanea riduzione dell'attività antagonista parasimpatica) sensibilizza i barocettori che mediano il baroreflex (e cioè il riflesso che consente ai vasi sanguigni di compensare aumenti e riduzioni eccessive di pressione sanguigna costringendo e dilatando i vasi sanguigni) resettando la loro soglia d'attivazione su valori più bassi (Radaelli et al. 1994).

     

     

    E' come se i barocettori, in seguito all'iper-attivazione simpatica (causata da situazioni stressanti, ansia, rabbia, ecc) si "sfasassero" e interpretassero il normale livello di pressione come "pressione bassa"comandando erroneamente alla muscolatura liscia dei vasi sanguigni di contrarsi di più per compensare una inesistente bassa pressione, determinando in tal modo valori pressori superiori alla norma.

    Il Biofeedback agisce determinando una progressiva e stabile ri-sensibilizzazione dei barocettori riportandoli sui valori d'attivazione ottimali.

    Il Biofeedback è dunque in grado di:

    1. Normalizzare l'attività dei due sistemi Simpatico e Parasimpatico
    2. Ripristinare la sensibilità del baroriflesso
    3. Ridurre la pressione arteriosa nei pazienti ipertesi



    Sensibilità del Riflesso Barocettivo e Biofeedback


     

    La sensibilità del baroreflex (BRS) è una misura precisa dell’efficienza del riflesso barocettivo nel mediare la regolazione della pressione sanguigna.

    Da diversi studi è emerso quanto segue:

     

    • La BRS è sensibilmente  più bassa nei pazienti con ipertensione essenziale rispetto agli individui normotesi (Fu Q et al. 2009; Ichinose et al. 2008; Abboud 1982; Lanfranchi and Somers 2002).
    • La BRS cardiovagale si riduce con l’invecchiamento (uno dei principali fattori di rischio dell’ipertensione) (Dutoit et al. 2010; Tanaka et al. 1998; Sundlof et al. 1978; Monahan et al. 1999; Cecelja et al. 2011; Hirai et al. 1989).

    Diversi studi hanno dimostrato che il Biofeedback è efficace:

     

    • nel ridurre la pressione sanguigna nei pazienti ipertesi (Brook et al. 2013; Oneda et al. 2010; Yucha et al 2001; Yucha e Gilbert 2004; Nakao et al. 2003; Nakao et al., 1997; Del Pozo et al. 2004; Herbs et al. 1993; McCraty et al. 2003; Elliot et al. 2004; Joseph et al. 2005).
    • nell’aumentare la BRS negli individui normotesi (Lehrer et al. 2003), negli individui con preipertensione (Lin et al. 2012) e negli individui con ipertensione essenziale (Joseph et al. 2005).

    Matthews et al. (2004) hanno condotto uno studio su più di 4000 individui normotesi di età media di 27 anni ai quali è stata misurata la pressione sanguigna durante la presentazione di diversi stress psicologici e fisici; le persone che di fronte agli stressor avevano mostrato aumenti di pressione più ampi, a distanza di 4-13 anni, hanno sviluppato con maggior frequenza una condizione di ipertensione essenziale.


    Classificazione ESH/ESC (2013)


    Categoria pressione

    Sistolica (mm/Hg)

    Diastolica (mm/Hg)

    Ottimale

    < 120

    < 80

    Normale (preipertensione)

    120-129

    80-84

    Normale-alta (preipertensione)

    130-139

    85-89

    Ipertensione di Grado 1

    140-159

    90-99

    Ipertensione di Grado 2

    160-179

    100-109

    Ipertensione di Grado 3

    ≥ 180

    ≥ 110

    Ipertensione sistolica isolata

    ≥ 140

    < 190


    Studi Scientifici


    Segue un breve elenco di alcuni dei principali studi a supporto dell'efficacia del biofeedback nel trattamento dell'ipertensione.

    Brook et al. (2013) Secondo l'American Hearth Association, che ha condotto uno studio importante volto a stabilire i livelli d'efficacia di vari trattamenti non-farmacologici per l'ipertensione, il Biofeedback dovrebbe essere considerato nella pratica clinica come strumento per l'abbassamento della pressione sanguigna, anche in virtù della totale assenza di effetti collaterali.

    Carthy et al. (2014) hanno dimostrato che i pazienti con ipertensione moderata sottoposti a stimoli stressanti mostrano un aumento della pressione arteriosa più elevato rispetto agli individui normotensivi; ciò, secondo gli autori, dimostra la presenza di un sistema nervoso simpatico ipereccitabile e un sistema parasimpatico ipoattivo negli ipertesi. Secondo gli autori alla patogenesi dell'ipertensione contribuiscono le alterazioni del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico). Come abbiamo visto tali alterazioni sono legate all'iper-reattività agli stress psicologici tipica degli individui normotesi che, con maggiore probabilità, svilupperanno l'ipertensione

    Matthews et al. (2004) hanno condotto uno studio su più di 4000 persone normotese di età media di 27 anni alle quali veniva misurata la pressione sanguigna durante la presentazione di diversi stress psicologici e fisici; è risultato che le persone che di fronte agli stressor mostravano aumenti di pressione più grandi, a distanza di 4-13 anni hanno sviluppato una ipertensione essenziale. Ciò suggerisce un ruolo importante dello stress e della sensibilità soggettiva agli stressor psicologici nella patogenesi dell'ipertensione essenziale o primaria.

    Oneda et al. (2010) hanno dimostrato che il biofeedback respiratorio è in grado di ridurre l'attivazione del Sistema Nervoso Simpatico e di ridurre la pressione sanguigna in modo più marcato negli individui con ipertensione.

    Yucha et al (2001) hanno eseguito una meta-analisi di 23 studi compiuti tra il 1975 e il 1996 dimostrando che gli individui sottoposti al biofeedback training, rispetto al gruppo di controllo, mostrano una significativa riduzione sia della pressione sistolica (6,7 mmHg) che della diastolica (4,8 mmHg).

    Yucha e Gilbert (2004) riportano una seconda meta-analisi di 22 studi randomizzati e controllati (per un totale di 905 persone con ipertensione primaria) pubblicati tra il 1966 e il 2001, che supportano questi risultati (Nakao et al. 2003). Rispetto agli individui non sottoposti al biofeedback, quelli sottoposti al trattamento hanno mostrato una riduzione significativa della pressione sistolica (7,3 mmHg) e della pressione diastolica (5,8 mmHg). 

    Altri studi mostrano risultati simili rispetto ai gruppi di controllo (Nakao et al., 1997). Il Biofeedback sembra funzionare altrettanto bene per le persone con ipertensione da camice bianco (cioè che manifestano pressione alta solo in ambiente medico, al momento della misurazione)  come per quelle con ipertensione primaria (Nakao et al. 2000) e per quelle con e senza danno d'organo secondario alla loro ipertensione (Nakao et al., 1999).

    Il training di biofeedback in laboratorio seguito dal training a casa è particolarmente efficace anche secondo (Henderson et al. 1998).



     


  •  Come funziona il Biofeedback per l'ipertensione?


    Il protocollo da noi utilizzato per il trattamento dell'ipertensione è di tipo integrato, prevede un unico ciclo di 8-10 sedute e si articola nelle seguenti fasi o modalità d'intervento:

    1 – Profilo Psicofisiologico (o Stress Profile) e anamnesi completa - Nella prima seduta, che dura circa 90 minuti, si effettua una valutazione approfondita delle condizioni della persona in relazione all'ipertensione e agli stati psicofisiologici associati; subito dopo, utilizzando la strumentazione del biofeedback, si effettua la misurazione (stress profile) di diverse variabili fisiologiche (respirazione, attività cardiaca, pressione sanguigna, sudorazione, attività corticale, ecc.) in condizioni alternate di relax e di stress (lieve) per individuare le funzioni fisiologiche alterate si e per definire il protocollo più efficace.

    2 – Biofeedback Training - Una volta individuate le funzioni fisiologiche alterate e il loro grado di alterazione, si inizia con il training vero e proprio. La persona viene collegata a speciali sensori in grado di rilevare, in tempo reale, il livello d'attività delle funzioni fisiologiche monitorate (come la conduttanza cutanea, la variabilità del ritmo cardiaco, la respirazione, la pressione sanguigna, ecc.): in tal modo l'individuo può osservare su un grande monitor le variazioni in tempo reale del livello d'attività delle funzioni fisiologiche monitorate, ciò che costituisce il "feedback", ossia l'informazione reale da utilizzare per:

    • divenire consapevole degli stati d'alterazione fisiologica in corso associati all'aumento della pressione sanguigna;
    • associare le sensazioni interne fisiche e psicologiche alle alterazioni fisiologiche segnalate sul monitor;
    • imparare a controllare i livelli d'attivazione delle funzioni fisiologiche alterate e quindi a controllare i livelli d'attivazione delle strutture nervose che ne controllano l'attività e la cui iper-attivazione ed iper-reattività causano l'innalzamento della pressione;

    In tal modo, grazie al feedback immediato fornito dalla strumentazione  l'individuo impara a controllare/ridurre la pressione sanguigna.

    4 – Rilassamento Progressivo da fare a casa/lavoro con CD (8 fasi) - Non è indispensabile ma velocizza e potenzia gli effetti del biofeedback.

    5 - Colloqui di sostegno, psicoeducativi e preventivi finalizzati a: 

    • conoscere i meccansimi psicofisiologici che causano o aggravano l'ipertensione primaria potenzia e velocizza gli effetti del trattamento aiutando l'indviduo a capire che la pressione sanguigna può essere controllata e ricondotta entro il range di normalità sfruttando i meccanismi di cui la natura ci ha dotato, senza il ricorso ai farmaci.
    • aumentare la consapevolezza dell'individuo e il suo senso di autoefficacia, ossia la consapevolezza che le alterazioni neurofisiologiche involontarie che causano/aggravano l'ipertensione possono essere volontariamente controllate e normalizzate con le tecniche apprese. 
    • imparare a controllare la risposta psicofisica agli agenti stressanti (ansiogeni) che spesso causano l'innalzamento della pressione con adeguate tecniche e cambiamenti mirati nello stile di vita.

    6 - Igiene del sonno: vengono fornite le indicazioni necessarie a garantire una qualità del sonno soddisfacente. Migliorare la qualità del sonno significa agire direttamente su un insieme di potenti meccanismi psicobiologici che contrastano fortemente gli effetti dannosi dello stress, dell'ansia, della rabbia (e di altri stati di tensione/attivazione eccessiva) sulla pressione sanguigna e su altre funzioni psicofisiologiche, aumentando la resistenza psicofisica agli stressors (stimoli stressanti) inevitabili.

     


  • LE CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI DELL'IPERTENSIONE


     


      Ipertensione: classificazione 2013


    Secondo la classificazione proposta nelle Linee guida 2013 ESH/ESC per la diagnosi e il trattamento dell’ipertensione arteriosa, esistono diverse categorie di pressione arteriosa, ciascuna corrispondente a specifici range di pressione sistolica e diastolica, come illustrato nella tabella sottostante:

    Tabella 1 - Classificazione ESH/ESC (2013)

    Categoria

    Sistolica (mm/Hg)

     

    Diastolica (mm/Hg)

    Ottimale

    < 120

    e

    < 80

    Normale*

    120-129

    e/o

    80-84

    Normale-alta*

    130-139

    e/o

    85-89

    Ipertensione di Grado 1

    140-159

     

    90-99

    Ipertensione di Grado 2

    160-179

    e/o

    100-109

    Ipertensione di Grado 3

    ≥ 180

    e/o

    ≥ 110

    Ipertensione sistolica isolata

    ≥ 140

    e

    < 190

     

    In base alle cause che la determinano inoltre l’ipertensione può essere suddivisa in due categorie diagnostiche:

    1. Ipertensione Primaria (essenziale, idiopatica),  quando non ci sono cause note associate (95% dei casi).
    2. Ipertensione Secondaria, quando altre condizioni mediche sono la causa della pressione alta, come ad esempio le malattie renali o le disfunzioni del sistema endocrino (rappresenta solo il 5% dei casi).

    E' importane sottolineare il fatto che ben il 95% degli individui ipertesi soffrono della forma primaria o essenziale di ipertensione, e cioè di una patologia della quale non sono ancora note le cause dirette ma di cui sono noti alcuni importanti fattori di rischio.

    Tra i fattori di rischio noti lo stress sembra svolgere un ruolo molto importante. Come vederemo diversi studi hanno dimostrato che la reattività della pressione arteriosa a stress psicologici di vario genere predice l'insorgenza dell'ipertensione essenziale a 4, 10 e 13 anni dal test.


     Preipertensione = Pressione sanguigna "Normale"/"Normale-alta"


    Secondo una più vecchia classificazione (JNC 7, 2003) le due categorie “Normale” e “Normale Alta” dell’attuale classificazione corrispondono ad una condizione denominata “preipertensione” ancora in uso e non più prevista nel JNC 8 (2014). La tabella sottostante illustra tale vecchia classificazione:

     

    Tabella 2 - Classificazione JNC 7 (2003)

    Condizione Pressoria

    SBD mm/Hg (sistolica)

    DBD mm/Hg (diastolica)

    Normale

    < 120

    < 80

    Preipertensione

    120-139

    80-89

    Stadio 1

    140-159

    90-99

    Stadio 2

    160 e oltre

    100 e oltre

     

     

     

     

     

     

     

     

    La pre-ipertensione era dunque una condizione definita dalla presenza di una pressione sistolica compresa tra i 120 - 139 millimetri di mercurio (mm/Hg) e/o di una pressione diastolica tra gli 80-89 mm/Hg, che nella classificazione più recente ESH/ESC corrisponde alla pressione Normale e Normale-alta. Ciò che conta dire è che se non vengono messi in atto i necessari cambiamenti al proprio stile di vita (gestione dello stress, attività sportiva, alimentazione), la preipertensione può evolvere in ipertensione vera e propria.

    Sia la preipertensione che l'ipertensione aumentano il rischio di disturbi cardiovascolari, seguendo la regola generale che quanto maggiore è il livello di pressione arteriosa (oltre il livello massimo ottimale), tanto maggiore è il rischio di sviluppare tali patologie.

    L’ipertensione e gli altri fattori di rischio cardiovascolari possono potenziarsi a vicenda, risultando in un maggior rischio CV rispetto alla somma dei singoli componenti.

    Non bisogna dunque attendere che la pressione alta, sebbene ancora entro i valori "normali", evolva in una forma d'ipertensione; al contrario, anche nella "preipertensione" è importante intervenire subito a fini preventivi, sia per evitare l'evoluzione della condizione attuale in ipertensione vera e propria, sia per ridurre il rischio di disturbi cardiovascolari. Oltre dunque a modificare alcune brutte abitudini (alientazione scorretta), a perdere peso e a svolgere attività sportiva, si possono applicare le tecniche di biofeedback.

     

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     FATTORI DI RISCHIO PER L'IPERTENSIONE


    Il 95% delle persone con ipertensione soffre della forma cosiddetta "Primaria". Di quest'ultima non si conoscono le cause; sono stati però individuati alcuni importanti fattori di rischio, ossia condizioni la cui presenza aumenta la probabilità di sviluppare il disturbo. Vediamo quali sono i principali fattori di rischio dell'ipertensione:

    • età avanzata (oltre i 60 anni)
    • diabete mellito
    • dislipidemia (un disturbo del metabolismo dei grassi)
    • altri casi di ipertensione in famiglia
    • genere (> nei maschi e donne in menopausa)
    • fumo
    • fattori comportamentali, tra cui obesità e inattività fisica hanno il ruolo maggiore
    • uso di alcool e sodio
    • fattori psicosociali

     


  • I MECCANISMI NEUROFISIOLOGICI SOTTESI ALL'IPERTENSIONE


    Secondo alcuni autori, a svolgere un ruolo primario nell'ipertensione è uno squilibrio nell'attivazione del sistema nervoso autonomo (Mancia et al. 1997; Brook and Julius, 2000; Mahtani et al. 2012), ciò che costituisce un effetto tipico delle condizioni acute o croniche di stress; più precisamente l'iper-attivazione del sistema nervoso simpatico (e la contemporanea riduzione dell'attività antagonista parasimpatica) sensibilizza i barocettori che mediano il baroreflex (e cioè il riflesso che consente ai vasi sanguigni di compensare aumenti e riduzioni eccessive di pressione sanguigna costringendo e dilatando i vasi sanguigni) resettando il loro valore soglia di attivazione (Radaelli et al. 1994).

    E' come se i barocettori, in seguito all'iper-attivazione simpatica (causata da situazioni stressanti, ansia, rabbia, ecc) si sfasassero e interpretassero il normale livello di pressione come "pressione bassa", comandando erroneamente alla muscolatura liscia dei vasi sanguigni di contrarsi di più per compensare quella inesistente bassa pressione, determinando in tal modo valori pressori superiori alla norma.

    Si ritiene che il Biofeedback agisca determinando una progressiva e stabile desensibilizzazione dei barocettori riportandoli a valori d'attivazione ottimali.


  • STRESS E IPERTENSIONE 


    Quando siamo sottoposti ad uno stressor (=situazione o evento stressante) il nostro organismo mette in moto una serie di meccanismi neurobiologici e fisiologici atti a consentire al nostro corpo di farvi fronte nel modo migliore possibile.

    Le principali risposte fisiologiche ad una situazione/evento stressante sono:

    • aumento dell'attivazione dell'asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrenali) che determina il rilascio nel sangue degli ormoni dello stress (come l'adrenalina e i corticosteroidi);
    • aumento del ritmo cardiaco;
    • aumento del ritmo respiratorio;
    • aumento della pressione sanguigna;

    Tutte queste risposte fisiologiche sono determinate da un'iperattivazione del Sistema Nervoso Simpatico e dalla simultanea riduzione o sospensione dell'attività parasimpatica (freno vagale) la cui attivazione invece svolge nel nostro organismo un'attività antagonista al Simpatico (come ad esempio la riduzione della frequenza cardiaca).

    La domanda che ci poniamo è la seguente: c'è un collegamento tra stress e ipertensione?

    Diversi studi hanno dimostrato che, negli individui normotesi, quanto più ampio è l'aumento della pressione arteriosa in risposta a varie tipologie di stressor, tanto maggiore è la probabilità che tali individui sviluppino ipertensione essenziale nei 4-13 anni successivi al test (Matthews et al. 2004; Markovitz et al. 1998; Matthews et al. 1993; Murphy et al; 1992; Treber et al. 1997; Everson et al. 1996; Carroll et al. 1996).

    Ad esempio Matthews e colleghi (2004) hanno condotto uno studio su più di 4000 persone normotese di età media di 27 anni alle quali veniva misurata la pressione sanguigna durante la presentazione di diversi stress psicologici e fisici; è risultato che le persone che di fronte agli stressor mostravano aumenti di pressione più grandi, a distanza di 4-13 anni hanno sviluppato una ipertensione essenziale.

     

    Questi studi su larga scala dimostrano che tra l'iper-reattività degli individui agli stressor e lo sviluppo di ipertensione vi è una forte correlazione. Sulle ragioni per cui tali individui "iper-reattivi" sviluppino con maggiore probabilità ipertensione essenziale vi sono diverse ipotesi. Una delle più accreditate è descritta più avanti clicca qui.

    Di per sè la risposta psicofisiologica dello stress è "sana" e utile all'organismo sino a quando però la quantità delle risorse richieste non ecceda quella disponibile. Se dunque la situazione stressante si protrae eccessivamente nel tempo (condizioni lavorative pesanti, stress emotivi, lutto, ansia e depressione, ecc.) e con essa anche la reazione psicofisiologica allo stress, si attivano dei meccanismi compensatori che producono alterazioni stabili dei sistemi fisiologici coinvolti (cardiovascolare, respiratorio, muscolare, ghiandolare, ecc.); tali alterazioni a loro volta, negli individui predisposti, spesso producono vare tipologie di sintomi psicosomatici, come le cefalee, i dolori muscolari, la sindrome del colon irritabile, l'ansia e l'ipertensione.

    Un segno che indica la presenza di un tale stato di alterazione è la capacità/velocità dei sistemi fisiologici alterati dallo stress cronico (ad es. pressione sanguigna e ritmo cardiaco) di tornare allo stato di riposo dopo la presentazione di uno stressor.

    Ciò è quanto possiamo verificare tramite il protocollo di biofeedback denominato "stress profile" o profilo psicofisiologico, che consiste nel sottoporre l'individuo ad una misurazione di diverse variabili fisiologiche (pressione sanguigna, ritmo cardiaco, tensione muscolare, elettroencefalogramma, elettromiogramma, conduttanza cutanea, ecc.) durante la presentazione di diversi stressor di moderata intensità (filmati, immagini, compiti di ragionamento o memoria, immaginazione) alternati a fasi di relax.

    Se alla cessazione dello stressor uno o più sistemi fisiologici monitorati non tornano rapidamente ai livelli basali, ciò implica che quei sistemi hanno subito alterazioni adattive permanenti a condizioni di stress ripetute o prolungate ( stress cronico) che causano il sintomo (ipertensione, aritmie, cefalee, dolori muscolari, disturbi gastrointestinali, ecc.): queste alterazioni fisiologiche possono essere efficacemente corrette con il biofeedback.

    Grazie al Biofeedback la persona che soffre di pressione alta impara a riconoscere e a controllare sia la risposta psicofisiologica allo stress che la pressione sanguigna in modo specifico.